Un sabato pomeriggio scialbo, perché inutilmente bagnato (piove ma la temperatura è tiepida) = un rientro di caccia perso, per lo meno per chi, come me, ad ottobre s’illude ancora di insidiare colombacci non ancora troppo scaltri.

Eppoi, per me che utilizzo armi ereditate dal nonno e, in quanto tali, come minimo vetuste, non è lontanamente concepibile star sotto la pioggia.

Cosa si fa in questi casi? Si puliscono gli schioppi…

L’azione di pulire prima le canne con lo scovolo, poi la bascula, prima a secco con il panno, poi a pennello con l’olio, e così via per ogni fucile che mi fa compagnia durante la stagione, è un esercizio di meditazione per me e credo per qualsiasi cacciatore costretto a starsene a casa per il maltempo.

In questo modo si passano in rassegna le giornate buone, e determinati aneddoti restano incastonati nell’ inglesina della doppietta, quasi fosse l’ultimo colpo di incisore sulla cartella.

Ad esempio, con la Las Palomas in foto, ricordo in particolare l’abbattimento di un colombaccio che passava diritto sulla mia testa, ma ad un’altezza imbarazzante. Stimai un anticipo che dovevo evidentemente reputare sufficiente per quella distanza, ma poi ricordo di aver istintivamente “gettato” il mirino un altro mucchio più avanti -forse l’istinto sapeva che quell’anticipo non sarebbe bastato…- ed infine di aver tirato il grilletto. Cadde da lassù esanime, colpito sia di prima che di seconda, rimbalzando con forza sul terreno indurito dal sole, lasciando un mucchio di piume ed una penna caudale.

Quel mattino si eran fatte le undici senza vedere una piuma, era molto freddo ed ero, con un mio amico, al nostro terzo o quarto posto visitato. Quel colombaccio non sarebbe dovuto essere nemmeno puntato, se la lucidità mi avesse accompagnato anche in quel frangente. Ma evidentemente mi fu giudicato peccato veniale… su una creatura predestinata al mio ragù domenicale!

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