Una mattina come tante, quella di ieri al passo dei primi tordi tra gli ulivi delle campagne prospicienti il mare di Giovinazzo. L’ arrivo è di buon’ora, ma senza esagerare perché non è ancora tempo di spollo.

Amo particolarmente i giorni di passo migratorio dei turdidi e cerco di ritagliarmi anche solo un’ora infrasettimanale, oltre il weekend, per godermelo ad ogni stagione, come descrivo nei miei Appunti di Caccia.

Si arriva all’alba, per le 06:40 al giorno in cui scrivo, parcheggiando il fuoristradino dove non da fastidio al transito dei contadini, che in questo periodo sono a cavallo tra la fine della raccolta delle olive e l’inizio della potatura.

Si sceglie, ovviamente, un uliveto che sia già stato colto, ma che abbia spazi un po’ più radi dove appostarsi e tentare di ingannare qualche tordo con zippo a mano e fischietto a bocca.

La prima mezzora passa tranquilla, con pochi incontri ma molti “zip” lontani. Dalle 07:30 alle 08:30 alcuni stuoletti radi di tordi bottacci accennano a planare sull’uliveto dove fischio, e cinque tordi finiscono in carniere.

Dopo la prima mattina è ora di rientrare, per sbrigare faccende di lavoro, e ci riavviamo verso l’auto, quando tra le fronde di due ulivi molto folti scorgiamo una catasta di rifiuti di varia natura, per la maggior parte speciali. La quantità è notevole e ci devono esser voluti diversi viaggi di camion per accumularne così tanti.

La carreggiata del mezzo con il quale sono stati trasportati e sversati è chiara ed anche vecchia, lo si capisce dall’erba secca e molto più corta in corrispondenza del passaggio delle ruote: quell’uliveto dev’essere una zona di riferimento per i porci dei dintorni, che pensano bene di non sbattersi nel recarsi ai centri di smaltimento adibiti, ma di tagliare corto gettandoli in un appezzamento di terreno che sembra trascurato da un po’ di tempo.

Fusti di vernice, porte, materiale per coibentazioni e chissà cos’altro, abbandonati in un uliveto di Giovinazzo.

Naturalmente, come ogni volta che mi ritrovo davanti a scempi del genere, denuncio, per via telefonica come per email o di persona. Sistematicamente la mie denunce finiscono nel nulla, perché di fatto non esiste, almeno qui al Sud, un ente responsabile e soprattutto REATTIVO nel momento in cui si presentino certe situazioni.

. Noi cacciatori abbiamo il dovere di portare a conoscenza anche dei semplici cittadini questi crimini ambientali che si consumano ogni giorno nelle nostre campagne.

. Abbiamo il dovere ed il lustro, in un certo senso, di far vedere ai molti ambientalisti da tastiera quanto ci sia da salvaguardare giusto qualche decina di metri fuori dal perimetro della loro abitazione, mentre questi sono intenti a scrivere articoli strappalacrime e fomentanti sui loro blog di fondamentalismo anti-caccia.

NOI CACCIATORI, PER GIUNTA, ABBIAMO L’INTERESSE A CHE L’AMBIENTE IN CUI ESERCITIAMO LA NOSTRA ATTIVITA’ VENATORIA SIA QUANTO PIU’ INCONTAMINATO POSSIBILE!

La realtà dei fatti è che siamo inermi ed inefficaci sono le nostre denunce, poiché la filiera del recupero e dello smaltimento dei rifiuti in Italia fa acqua da molti fronti:

  1. Da quello della rimozione: per assurdo, se avessi mezzi e risorse per rimuovere in autonomia quei rifiuti dal fondo agricolo dove li ho fotografati, non potrei farlo perché si configurerebbe una ipotesi di furto;
  2. Da quello del conferimento: la stragrande maggioranza dei riufiti speciali può essere conferita ai centri di smistamento e raccolta in quantità giornaliere minime;
  3. Da quello della denuncia di rinvenimento: ad oggi non ho personalmente ancora trovato una soluzione valida a questo. I rifiuti che ho ritrovato anni addietro e denunciato, sono ancora lì ed in alcuni casi anche aumentati.

Sarebbe bello pensare ad una collaborazione costruttiva tra associazioni ambientaliste “serie” ed associazioni venatorie, magari con un sistema premiante sui cacciatori più virtuosi nel segnalare questi scempi, ma forse sogno troppo…

Chissà che un domani il contributo dei cacciatori non venga davvero insignito del merito di rivestire una funzione solida ed essenziale per l’ambiente che tutti viviamo?

In fondo, chi più di noi cacciatori visita e vive i campi, oltre ai contadini?

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